Sui terrazzi fluviali quaternari delle colline a Traversetolo e nel bacino montano del fiume Taro sono state ritrovate le più antiche tracce della presenza dell'uomo nel territorio parmense riconducibili al periodo Musteriano del Paleolitico Inferiore (100 000-35 000 anni fà), mentre siti del Paleolitico Superiore (35 000-10 000 anni fà) sono stati rintracciati nelle valli del Taro e del Ceno.
Scendendo nell'area di pianura, Mamiano, Collecchio e Santa Margherita di Fidenza sono i principali insediamenti del Neolitico (4500 a.C.), mentre tombe a inumazione eneolitiche (2700-1800 a.C.) sono state rinvenute a Collecchio.
L'età del bronzo è caratterizzata dalla diffusione delle terremare, da "terra mara" o "terra marna", cumuli di terreno nerastro, grasso, adatto alla concimazione, costituiti da insediamenti di forma quadrangolare racchiusi da un argine e da un fossato di connessione a un corso d'acqua. Delle oltre 50 individuate, le più note sono quelle di Castione Marchesi, Borgo Valorio di Parma, Castellazzo di Fontanellato.
L'occupazione delle tribù celtiche nella seconda metà del IV secolo non si sovrappone all'area appenninica, che rimane fino agli inizi del II secolo a.C. in saldo possesso delle tribù liguri, debellate solo dal massiccio intervento dei romani.
La presenza di numerosi castellieri a Nociveglia sulle pendici del monte Pelpi, d'Umbrìa e Rocchetta Metti (Bardi), Costa delle Case (Ponteceno), Rocca Casali (Bore) documenta la strenua difesa delle popolazioni autoctone.
La conquista romana e la riorganizzazione del territorio
Con la sconfitta dei Galli (191 a.C) e la costruzione della Via Emilia (187 a.C) inizia la fase della conquista romana. In tutto il territorio di pianura, riorganizzato e ripartito dalle maglie della centuriazione, si sviluppa l'agricoltura integrata all'allevamento ovino, che diviene una delle principali risorse dell'ager, ancora in auge nel XVIII secolo.
Tito Livio narra della contemporanea fondazione, nel 183 a.C., di Parma e Modena con lo stanziamento di 2000 famiglie.
All'impianto urbano e ai resti archeologici dei due centri storici di Parma e Fidenza si aggiungono numerose altre testimonianze di età romana, tra le quali si possono ricordare la villa rustica di Felino, la fornace di Sala Baganza, i presunti ponti romani a Corniglio e Santa Maria del Taro, i resti del ponte romano di Fornovo di Taro.
Arteria di transito per eccellenza rimase la Via Emilia, ripristinata da Augusto (resti del ponte romano sul torrente Parma e il ponte di Fidenza sullo Stirone), alla quale si collega una serie di direttrici di particolare rilievo.
Parma viene infatti a collocarsi in una posizione strategica all'intersezione della strada consolare est-ovest con quelle preromane transappenniniche, dirette a Luni e al Tirreno da una parte, al Po e all'Adriatico dall'altra.
Due percorsi raggiungevano la Toscana e il Tirreno: la Via Claudia, che corrisponderà in seguito alla direttrice di Monte Bardone, e la Parma-Lucca che, orientata verso la valle dell'Enza, raggiungeva il Passo di Pradarena o dell'Ospedalaccio per raccordarsi alla Lunigiana e alla Garfagnana, e da qui a Lucca. Importante anche il collegamento con Brixellum (Brescello), notevole porto fluviale sul Po dove avveniva il cambio degli equipaggi delle navi cursorie che univano Ravenna con Pavia e la pianura padana.
Parma, ricostruita da Augusto dopo la distruzione del 44 a.C., raggiunge la sua massima espansione in età imperiale e nel I secolo d.C. ottiene il titolo di "Julia", per la fedeltà dimostrata verso Roma.
Sede vescovile nel IV secolo, il suo territorio è investito dalle complesse vicende legate alla disgregazione dell'organizzazione statale romana, alle invasioni barbariche e alla lunga guerra tra goti e bizantini.
L'alto medioevo e l'età comunale
Denominata "Crisopoli" nel periodo bizantino (553-568) la città è poi conquistata dai Longobardi (569), divenendo sede di ducato, retto nel 603 da un gastaldo di nomina regia. Un nuovo sistema di comunicazioni inizia a sovrapporsi all'orditura romana, in parte diverso, in parte coincidente. Nasce in questo periodo l'itinerario di Monte Bardone, segmento parmense della Via Francigena.
Castelli e ospizi, come quello fondato nel 712 dal re longobardo Liutprando a Berceto, sorgono sempre più frequentemente per assicurare ospitalità e assistenza a pellegrini e viandanti: nel XV secolo si conteranno 49 ospedali a Parma, 12 lungo le strade dell'Appennino, 18 lungo la Via Francigena, 12 verso le strade della bassa, 6 lungo la Via Emilia.
Con l'avvento dei Franchi (774) Parma diviene capoluogo di comitato. Le devastazioni e i grandi cataclismi seguiti in epoca altomedievale portano al crearsi di condizioni di precarietà, con l'espandersi in pianura delle acque, dei boschi e dell'incolto.
Solo a partire dal IX secolo, da un cordone di nuclei monastici prevalentemente benedettini (Valserena, Certosino, Fontevivo, Chiaravalle della Colomba a sud, Sanguigna a nord), parte una decisa azione di bonifica del territorio, che consente la ricolonizzazione e il recupero delle terre all'agricoltura.
Progressivamente i vescovi assumono il potere temporale e Parma occupa un ruolo importante nella lotta per le investiture; decisamente schierata dalla parte imperiale, dà al conflitto tra potere ecclesiastico e potere imperiale ben due antipapi: Onorio II, il vescovo Càdalo, signore della città e fondatore del Duomo, e Clemente III, il vescovo Guiberto.
La Via Francigena diventa un'arteria di rilevanza internazionale, lungo la quale si intrecciano gli itinerari della fede con la ripresa del commercio. Si diffondono e consolidano inoltre l'incastellamento e la rete delle pievi, con centinaia di chiese e cappelle dipendenti, punti di aggregazioni di un sistema policentrico di agglomerati urbani, di nuclei di case sparse in stretta relazione.
Parma è al centro di questa complessa trama, baricentro delle diverse aree, punto di equilibrio e controllo; la costituzione del Comune (intorno al 1140) rappresenta la rinascita della città dopo il periodo di disgregazione altomedievale.
Dopo la pace di Costanza (1183) si rinfocolano i contrasti con i comuni vicini - Reggio, Piacenza e Cremona - ai quali Parma contende il controllo del Po, collegato alla città dal canale Naviglio.
L'età delle signorie
La decadenza del Comune e i conflitti interni, che vedono contrapporsi al predominio ghibellino le famiglie filopapali (Sanvitale, Rossi, Lupi) culminano nello scontro del 1248 e nella sconfitta dello stesso imperatore Federico II. Agli inizi del '300 comincia una profonda crisi, non solo politica, a causa della contrapposizione tra diverse fazioni (soprattutto dei Rossi e dei da Correggio), ma anche sociale ed economica, crisi che vive il suo momento più drammatico nella grande peste del 1347.
Dopo alterni domini Parma viene conquistata dai Visconti (1341), passa quindi a Filippo Maria (1420) e, dopo un brevissimo periodo di indipendenza con il principato dei Terzi (1404-09), agli Sforza (1440-1500), che dominano il contado per mezzo di grandi famiglie signorili (i Pallavicino, i Rossi, i Sanvitale, i da Correggio).
Queste potenti famiglie fanno rinascere un particolarismo di tipo feudale, rafforzando le sedi del potere locale con terre e castelli, nuclei di signorie rurali cui il potere centrale è costretto a cedere privilegi e immunità.
Anche la mezzadria, diffusa a partire dal XIV secolo, entra in crisi al radicarsi di queste signorie.
Vasti territori costituiscono di fatto e nei titoli degli stati autonomi: i Landi governano dal 1257 al 1682 le alte valli del Taro e del Ceno con le superbe rocche di Bardi, Compiano e Borgo Val di Taro (dal 1551); i Pallavicino, investiti di Borgo San Donnino (Fidenza) nel 981, occupano tutta la fascia occidentale dell'attuale provincia, dalle colline fino al Po, ponendo la loro capitale a Busseto. Una caratteristica peculiare del parmense è la continuità del dominio feudale che, esercitato da queste famiglie per secoli, arriva in alcuni casi fino ai giorni nostri.
Nell'Appennino e nella collina, oltre ai Landi, i Fieschi controllano Albareto (XII secolo-1547), Borgo Val di Taro (XIII secolo-1547) e Calestano (fino al 1650), i Rossi Corniglio (XIII-XVII secolo), i Pallavicino Solignano (1249-1805)e Scipione (XI secolo-1776), i Sanvitale Sala Baganza e Fontanellato (XIII-XVII secolo).
In pianura i Torelli detengono Montechiarugolo (1406-1612), i Meli Lupi Soragna (dal XV secolo fino ad oggi), i Sanseverino Colorno (1458-1612), ancora i Rossi San Secondo (XIV-XIX secolo). Estesi e longevi anche i possessi ecclesiastici, come le valli e le corti di Monchio (dal 941 al 1805) e Mezzani (dall'altomedioevo fino al 1763).
Tra il XV e il XVI secolo Parma fu al centro dei conflitti europei: celebre è la battaglia di Fornovo tra Carlo VIII e l'esercito della Lega italiana condotto da Francesco Gonzaga (5-6 luglio 1495). Dal 1500 al 1521 la città passa ai francesi, con una breve parentesi della Chiesa (1512-15), quindi ancora alla Chiesa fino al 1545.
Il Ducato dei Farnese
Nel 1545 Papa Paolo III, allo scopo di creare uno stato cuscinetto tra lo stato della Chiesa e il potere spagnolo in Lombardia, impone il figlio prediletto PierLuigi Farnese alla nuova forma politica di Parma e Piacenza. Da allora, grazie anche a un'ingente disponibilità finanziaria e patrimoniale, i Farnese affermeranno per due secoli la loro autorità sul territorio. PierLuigi, dopo avere portato la capitale a Piacenza, viene assassinato nel 1547 e le città occupate in nome dell'imperatore. Il duca Ottavio riuscì a recuperare prima Parma, nel 1550, poi Piacenza, nel 1556.
A Ottavio II (1547-86) si deve il consolidamento dello stato, il contenimento del potere dei nobili e un'intensa riforma delle strutture della città, per adeguarla al ruolo di capitale.
Il duca Alessandro I affida la reggenza a Ranuccio I (1592-1622), sotto al quale si fissa la struttura dello stato.
Nel 1594 vengono emanate le costituzioni con i poteri del Consiglio di Grazia e Giustizia; è potenziata l'Università e fondato il Collegio dei Nobili. Prosegue anche la guerra ai piccoli feudatari, che culmina nel 1612 con l'esecuzione nella piazza centrale di Parma di Barbara Sanseverino e altri sei nobili accusati di congiura contro il duca.
Acquisiti dapprima i feudi dei Pallavicino, nel 1588, quindi quelli dei Landi, nel 1682, alla fine del XVII secolo tutto il territorio parmense sarà saldamente nelle mani dei Farnese. Sotto di loro inizia la radicale trasformazione del castello dei Sanseverino a Colorno in fastosa residenza estiva, trasformazione operata da Ferdinando Bibiena.
Il periodo dei Borbone e Maria Luigia d'Austria
Con l'estinzione dei Farnese, avvenuta alla morte di Antonio (1731), Parma inizia una fase di decadenza. Per diritti ereditari il ducato passa a Carlo infante di Spagna, figlio di Elisabetta Farnese e di Filippo V, che, insediatosi dopo il 1734 a Napoli, trasferisce nella reggia partenopea le principali raccolte della famiglia materna, spogliando completamente Parma del suo straordinario tesoro di opere d'arte, che si trovavano nelle residenze ducali di Parma, Colorno e Sala Baganza.
Con la pace di Acquisgrana (1748), il fratello di Carlo I, Filippo - che sposerà Luisa Elisabetta, figlia di Luigi XV - diviene duca di Parma, Piacenza e Guastalla, aggiungendo ai territori del ducato anche buona parte della bassa reggiana. Dall'influenza spagnola si passa così a quella francese: la politica riformatrice di questa dinastia, forte della cultura illuminista, consente al ducato di riprendersi.
Dopo il 1759 la decisa azione del primo ministro Guillaume du Tillot imposta uno stato moderno, fondato sull'organizzazione civile e sull'economia industriale; durissima inoltre la sua lotta contro i privilegi ecclesiastici, fino all'allontanamento voluto dalla duchessa Amalia, figlia di Maria Teresa d'Austria e moglie del duca Ferdinando.
Parma vive allora uno dei suoi periodi di maggior splendore, arricchendosi di eleganti architetture neoclassiche, di nuove strutture urbane e di importanti istituzioni quali la Biblioteca Palatina, la Stamperia Reale diretta da Giambattista Bodoni, il primitivo nucleo del Museo Archeologico, formato dai reperti provenienti dagli scavi dell'antica "Veleia", la Quadreria, l'Orto botanico. La politica del ministro du Tillot è ripresa durante la parentesi del periodo napoleonico (1802-1814), quando si costituisce il nuovo Dipartimento del Taro.
Il Congresso di Vienna del 1815 assegna il ducato a Maria Luigia d'Austria, seconda moglie di Napoleone Bonaparte (1815-1847), che governa dal 1816 al 1847 avviando una politica di stato assoluto ancora con ministri di origine straniera. La duchessa attua un programma di sviluppo e di riforma delle strutture assistenziali e delle opere pubbliche, rinnovando anche la veste urbanistica e architettonica della città e potenziando le vie di comunicazione, con la realizzazione della strada Parma-La Spezia e di numerosi ponti, tra i quali quello sul Taro lungo la Via Emilia. Vengono allora ammodernate le residenze ducali, con l'ampliamento del Casino dei Boschi a Sala Baganza, ridisegnati i Giardini Ducali di Colorno, aperto al pubblico il Giardino Ducale di Parma.
Il prestigio dell'"amata sovrana" fu tale che il ducato non ebbe a risentire dei primi moti risorgimentali.
Nel 1847, alla morte di Maria Luigia, il ducato tornò ai Borbone, l'ultimo dei quali, Carlo III, muore pugnalato in città nel 1854, lasciando la vedova Luisa Maria di Berry. Il 15 settembre 1859 viene dichiarata decaduta la dinastia borbonica e Parma entra a far parte delle province dell'Emilia, rette da Carlo Farini. Nel 1860 il plebiscito decide l'annessione al Piemonte e quindi al regno d'Italia.
Dall'unità alla liberazione
Con la costituzione dello stato unitario, Parma risentirà fortemente del declassamento da capitale di Stato a semplice capoluogo di provincia, con una grave crisi sociale ed economica. La rete ferroviaria Piacenza-Bologna nel 1859 e i tratti per Fornovo e Suzzara (1883) sono le nuove direttrici della riorganizzazione infrastrutturale del territorio.
La vivace attività sindacale nella seconda metà del XIX secolo porta alla nascita della Camera del Lavoro (1893); seguono agitazioni e violenti scioperi, culminati nel grande sciopero agrario dal 1° maggio al 25 giugno 1908.
La contrapposizione al fascismo vive il suo momento più drammatico dal 1° al 6 agosto 1922, quando Italo Balbo cerca di entrare nel popolare quartiere dell'Oltretorrente di Parma. I cittadini si organizzano allora negli "Arditi del popolo", riuscendo a respingere gli squadristi: questo episodio, noto con il nome di "le barricate", costituisce il primo episodio di Resistenza in Italia.
Durante la seconda guerra mondiale, agli ingenti danni, distruzioni e lutti dei bombardamenti si aggiungono moltissimo scontri, soprattutto nei teatri delle alte valli del Taro e del Ceno, con la formazione di zone libere controllate dai partigiani, fino alla liberazione del 25 aprile 1945.
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