Le origini del Carnevale di Venezia
Il termine Carnevale, secondo l'ipotesi più accreditata, deriva dal latino "carnem levare" (ovvero togliere la carne) e si riferisce all'antica tradizione medievale di celebrare un banchetto "d'addio alla carne" in vista dei digiuni e delle penitenze quaresimali.
Le origini del Carnevale risalgono all'antico periodo del Paleolitico, quando gli stregoni si ornavano di costumi ricchi di pietre e sonagli e maschere dipinte per i loro riti propiziatori. Nel periodo romano i festeggiamenti in onore degli dei, che si svolgevano lungo le strade di Roma, prevedevano già l'usanza del mascheramento che permetteva di abbattere le barriere imposte dalla condizione sociale: nacquero così i Baccanali, festeggiamenti in onore di Bacco, i Saturnali, in onore di Saturno, gli Opalia, per la dea Ope e i Lupercali, in ricordo della Lupa.
A Venezia era il 1296 quando il Senato della Repubblica Serenissima emise un editto in cui proclamò ufficialmente che il giorno prima dell'inizio della Quaresima fosse giorno di festa. Durante i giorni dedicati al carnevale, venivano organizzati molti spettacoli di grande attrazione, ricevimenti prestigiosi per il Doge e le autorità, oltre alle numerose feste in piazza. Il Carnevale ufficiale a Venezia terminò nel 1797, quando col trattato di Campoformio, Venezia fu ceduta all'Austria, che bandì molte usanze; solo le feste private all'interno dei palazzi sopravvissero fino a metà Ottocento.
La durata e l'intensità dei festeggiamenti del Carnevale, sin dalla loro nascita, subirono numerose modifiche e, dal 1979, la Città di Venezia diede vita ufficialmente ad una serie di manifestazioni (spettacoli, sfilate di carri allegorici, concerti) che ogni anno conquistano la scena del meraviglioso palcoscenico di Piazza San Marco.
Il tradizionale evento che ogni anno apre il Carnevale di Venezia è “La festa delle Marie”: durante questa tradizionale ed antica festa, il corteo delle Marie (composto da sette giovani donne), sfila da San Pietro di Castello sino a piazza San Marco, dove la cerimonia si conclude con la presentazione delle Marie alla città. Questa festa sancisce ufficialmente l'inizio del Carnevale e per undici giorni, la città, i comuni limitrofi e le isole della laguna, si animano con spettacoli, carri allegorici e persone mascherate giunte da ogni parte del mondo per un evento ricco di allegria, confusione, colori ed un pizzico di trasgressione.
Le Maschere ed i Travestimenti
La produzione di maschere era l'attività artigianale veneziana per eccellenza: nel 1773 a Venezia esistevano ufficialmente 12 botteghe di maschere e, tuttora, in città, esistono numerosi laboratori che producono e vendono maschere di cartapesta di ogni forma e colore.
La maschera, che all'epoca della Repubblica Veneziana veniva utilizzata per molti mesi durante l'anno, era il segno della trasgressione alle regole sociali e rispondeva alla necessità dei veneziani di abbandonarsi al gioco, al divertimento e all’illusione di indossare i panni di qualcun altro (grazie ai travestimenti, infatti, le barriere sociali venivano annullate grazie all'anonimato).
La più antica legge promulgata per limitare l'uso esagerato ed improprio di maschere e travestimenti risale al 1268: il documento proibiva agli uomini in maschera (chiamati mattaccini), il gioco delle "ova" che consisteva nel lanciare uova riempite di acqua di rose contro le dame che passeggiavano nelle callidi Venezia.
In seguito, tramite altre leggi, fu proibito indossare la maschera nei periodi al di fuori del Carnevale e nei luoghi di culto, inoltre, il suo utilizzo fu proibito a prostitute e giocatori d'azzardo in quanto, spesso, la maschera veniva usata per celare la propria identità e risolvere affari poco puliti.
I travestimenti e le maschere più diffuse, sia nel passato che ai giorni nostri sono tre: la “bauta” (tipica maschera Settecentesca indossata da uomini e donne) costituita da una mantellina nera abbinata ad un cappello a tricorno nero e ad una la maschera bianca che nasconde il viso; la “moretta” (utilizzata dalle donne) costituita da un ovale di velluto nero che resta sul volto della dama grazie ad un bottoncino stretto tra i denti ed infine il “domino”, un lungo mantello con cappuccio per coprire il volto.
Le Maschere della Commedia dell'Arte
La maschera trova la sua consacrazione ufficiale nel teatro grazie a Carlo Goldoni, che spesso citava il Carnevale nelle proprie commedie.
Alcuni personaggi della commedia dell'arte diventano veri e propri stereotipi che rappresentano perfettamente la società veneziana: Pantalone, il dottor Balanzone, Pulcinella, Brighella, Arlecchino e Colombina.
Arlecchino, nata nella Bergamo bassa, è il servo umile, sciocco e cialtrone il cui travestimento è costituito da toppe colorate ed irregolari ed una mezza maschera. La sua gestualità è molto complessa ed è forse la più simpatica tra le maschere italiane.
Colombina, la maliziosa servetta, risulta simpatica per le sue piccole astuzie femminili ed è conosciuta anche con il nome di Arlecchina. Il suo vestito è semplice, simile a quello di Arlecchino, con numerose toppe colorate ma raramente il costume è accompagnato dalla maschera.
Brisighella, maschera nata nella Bergamo alta, è il servo astuto ed ingegnoso, in grado di aiutare ed allo stesso tempo ingannare il proprio padrone. Il suo costume è composto da un camice largo, ampi pantaloni, ed una giubba adorna di strisce verdi. Esperto musicista e cantante, Brisighella spesso si accompagna con una chitarra.
Il Capitano, è una della maschere più antiche, le cui radici affondano nel teatro romano di Plauto. E' un soldato spaccone e vanitoso che spesso utilizza termini simili allo spagnolo (il personaggio, infatti, ha origine dalla satira popolare contro il dominatore spagnolo). Il Capitano, vestito da un abito a strisce colorate, raramente indossa una maschera sul viso. Il Dottor Ballanzone, originario di Bologna, è un personaggio comico, presuntuoso e superbo, vestito di un abito nero con colletto bianco ed il suo viso è coperto da una mezza maschera nera.
Pantalone è sicuramente la maschera veneziana più famosa, protagonista delle commedie di Carlo Goldoni, è lo stereotipo del vecchio mercante stolto e saggio allo stesso tempo, ricco ma che si finge in rovina. Caratterizzato da una schietta parlata veneziana, Pantalone si intrica spesso in storie complesse e divertenti da cui esce con fatica, e costituisce il travestimento più utilizzato dai Veneziani in quanto rappresenta l'anima commerciale che stava prendendo piede nella borghesia veneziana.
Pulcinella, maschera napoletana, è un servitore sciocco che, a seconda delle esigenze, diventa tonto o astuto, vigliacco o coraggioso. Infine, il Sior Tonin Bonagrazia, personaggio creato da Carlo Goldoni, rappresenta il figlio di un mercante veneziano cui il padre, per dieci ducati, comprò l'intera nobiltà di Torcello.
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