La terra di Brindisi esprime attraverso le peculiarità della gastronomia la sua vera identità ed i tratti più autentici della mediterraneità.
Una gastronomia, quella brindisina, sostanzialmente semplice, all'interno della quale ha sempre prevalso un ideale di frugalità che non disdegna però prodotti più nobili e più raffinate elaborazioni. Da queste parti ogni piatto è un frammento di storia e di civiltà, un elemento di identificazione per chi abita queste terre.
La mensa brindisina coniuga i profumi esaltanti del pescoso Adriatico con i più rustici sapori terragni, manifestando a tavola, quasi specularmente, la doppia anima di un popolo cresciuto sul mare ed insieme profondamente readicato nel fertile humus della sua campagna.
Orate, spigole, cernie, triglie, superbe aragoste fanno bella mostra di sé nelle numerose pescherie e nelle piazze del mercato, pronte ad estasiare i palati più esigenti, ma ad intrigare i più golosi è sopratutto il repertorio meno aristocratico di calamari, seppie, sardine, polipetti arricciati, alicette.
Su tutti, a farla da padrone, è quello striato miscuglio chiamato "ciambotto" che l'abile maestria dei cuochi o di semplici massaie trasforma nella gloriosa zuppa di pesce alla brindisina che da sempre si contende il primato con l'altrettanto nota zuppa gallipolina, divenendo oggetto di "secolar tenzione" tra i buongustai salentini.
E che dire delle "fragaglie", minutaglia di piccolissimo pesce annegato nell'olio bollente, un tempo specialità delle numerose cantine che popolavano gli antichi borghi? E dei ricci, i cui trionfi primaverili si celebrano a Savelletri a due passi dalle rovine di Egnatia?
Sapore di mare anche nei gustosi primi piatti: dagli spaghetti alla marinara ai cavatelli ai frutti di mare, alla "tiella" di riso patate e cozze. Quest'ultima specialità è retaggio della presenza spagnola in Puglia, ma, mentre l'iberica paella si modula in una molteplicità di ingredienti e sapori, la nostra tiella si sublima nel gusto monocorde dei mitili, più noti come le cozze nere, vero e proprio pilastro della cucina marinara nelle sue infinite variazioni: arracanate, marinate, fritte, in frittata...
Ritornando ai primi piatti, sono le orecchiette ad aprire il lungo catalogo della pasta fatta in casa: al ragù, con il cacio ricotta, con le cime di rape, nella più robusta versione con la ricotta forte. La sapienza gastronomica si esprime anche nella preparazione, rigorosamente a mano, di sagne, lagane, strascinate, cavatelli e nell'estro inventivo capace di creare condimenti superlativi con l'impiego di materie prime povere. La pasta con la muddica, briciole di pane duro insaporite in un soffritto di olio, e "Iu granu stumpatu" sono preparazioni di vera "archeologia gastronomica" che oggi la moderna ristorazione riscopre ed eleva a dignità. Sono un vero sfizio da gran gourmet le fave e cicoria, il piatto contadino per antonomasia che i manuali più rigorosi consigliano di cuocere nella tradizionale pignata con l'acqua piovana e rigorosamente sul fuoco di legna.
La ferace terra brindisina assicura verdure e legumi superlativi che insieme con i sapori più campestri delle erbe spontanee, vengono ammanniti in una molteplicità di variazioni, un vero e proprio mosaico di ricette i cui tasselli si unificano nell'inconfondibile straordinario gusto dell'olio di oliva. Dal fitto bosco di ulivi secolari nasce quel condimento pregiato, l'olio extravergine, - per la cui scoperta è possibile seguire il tracciato della "strada dell'olio" - capace di esaltare la più povera delle pietanze, come la "frisedda", cimabella biscottata di grano o di orzo, che un pomodoro, un goccio d'olio, un pizzico di origano e sale trasformano nel piatto forte di molte cene estive dal pregnante gusto mediterraneo. Un posto di onore tra i pregiati prodotti brindisini spetta alla casearia; un percorso nel "bianco mangiare" scopre un giacimento di mozzarelle, scamorze, manteche, cacicavalli, burrate, stracciatelle, giuncatelle dal sapore fresco e delicato cui si aggiunge il più sapido gusto del pecorino.
Nel menu brindisino non mancano eccellenti pietanze di carne, per rintracciare le specialità più tipiche bisogna rifarsi alla cucina di osteria: le braciole di carne di cavallo in umido farcite di pecorino e sedano, e, ancora, involtini, ma in questo caso di trippa, cotti in brodo reso piccante da abbondanti dosi di peperoncino. I bianchi vicoli dei paesi della Murgia brindisina al calar della sera diffondono l'irresistibile profumo della carne che si cuoce nei fornelli in dotazione ad ogni macelleria: grummaredde, tenero capretto, succulenti salsicce subiscono il rito sacrificale dello spiedo per poi estasiare i palati di allegre comitive.
Ha profumo di campagna e gusto casereccio la dolciaria brindisina ed è il mandorlo, pianta molto diffusa in questa zona, ad offrire il suo calorico frutto a "ricci, copete, ritaglie", agnelli e colombe pasquali. Il repertorio delle cose dolci prosegue con mostaccioli, grafioli, bocche di dama, veri peccati di gola le cui ricette sono spesso patrimonio di antichi monasteri, dolci cui lo spirito votivo dei brindisini attribuisce in alcuni casi nomi presi in prestito dal mondo sacro: occhi di S. Lucia, dita degli Apostoli.
Le leccornie più tipiche in terra di Brindisi obbediscono al rituale della festa: a Natale pettole, purcedduzzi e ncartiddate, avviluppate nel miele o annegate nel vino cotto, effondono di casa in casa i loro dolci profumi e riannodano i fili della memoria. In un'area dalla spiccata vocazione e con un capoluogo che si vanta di aver dato il nome a quell'antico ed augurale rituale, "il brindisi", il vino è un nettare dal gusto inebriante, un prodotto di straordinaria valenza storica e qualitativa: per scoprirlo, basta percorrere la strada del vino, un tracciato che mette in mostra con assaggi e degustazioni, il meglio della produzione enologica locale.
Testi e foto gentilmente concessi dall'APT di Brindisi
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