Come scrive il curatore, si tratta di una esposizione di cinque autori messi insieme in quanto hanno tutti studiato Architettura al Politecnico della metro-poli Milano, ma con l’intento di non votarsi puramente, o per nulla, all’architettura. Per varie ragioni alcuni di loro non hanno mai fatto apparentemente l’architetto (Basilico, Garutti), mentre altri (La Pietra, Levi, Mendini) sì, ma in maniera eterodossa, tant’è che di loro non si può dire che siano semplicemente architetti, ma, come Garutti e Basilico, più ampiamente e/o polivalentemente artisti, ed è in tale veste che sono chiamati a esporre in questa mostra polimorfa. Per questo l’esposizione si caratterizza anche come una riflessione sullo statuto delle arti che molto spesso in Italia, soprattutto in passato, era polimorfa, non vivendo la divisione alla quale ci ha abituato la specializzazione contemporanea. Osservati con lenti polifocali, vediamo che questi autori sono ereditari del Rinascimento, di quando gli artisti si cimentavano in diverse arti, essendo in tal modo policromi, polimorfi, policentrici, politalici e così via. Si tratta di un approccio non completamente abbandonato, come possiamo vedere, ad esempio, dalla posizione assunta dai Dioscuri dell’arte italiana-mondiale, i fratelli de Chirico-Savinio, dove il primo, quale Pictor Optimus, si ritira a dipingere quadri, mentre il secondo si apre alla policreatività pittorica, musicale, letteraria, critica, o da quella della coppia artistica futurista Balla e Depero che propongono la politotalità della Ricostruzione futurista dell’universo. Una tradizione polivalente e politecnica in cui possiamo annoverare anche architetti opposti come Le Corbusier, il superarchitetto moderno che pure dipingeva quadri, o il neoneoclassico Gio Ponti che faceva dell’arte visiva il centro della sua proposta architettonica. Inoltre va segnalato che è nella metro-poli Milano che si guarda all’arte attraverso e relazionandosi con l’architettura, che vuol dire con lo spazio, l’ambiente. Questo ci porta, non a caso, a Lucio Fontana, maestro dello Spazialismo che metteva a disposizione la sua arte al sevizio delle Arti e dunque della nostra esistenza. È questo rapporto tra l’Arte e le Arti, tra l’Arte e la Vita, o tra le Arti e le Vite che intendiamo mettere in mostra con le opere di Basilico, Garutti, La Pietra, Levi e Mendini i quali, con la loro poliartisticità, ci danno opere d’arte, esistenza e mondo.
Gabriele Basilico (Milano 1944–2013) è stato uno dei più noti fotografi italiani.
Dopo la laurea in architettura (1973) si dedica con continuità alla documentazione della città e del paesaggio urbano. Il suo primo progetto fotografico è Milano, ritratti di fabbriche 1978-80, ampio lavoro che ha come soggetto la periferia industriale milanese. Nel 1984-85 con il progetto Bord de mer partecipa, unico italiano, alla Mission Photographique de la DATAR, grande mandato governativo affidato a un gruppo internazionale di fotografi con lo scopo di rappresentare la trasformazione del paesaggio francese. Nel corso del tempo ha lavorato in diverse città: da Milano a Beirut, da Rio de Janeiro a Gerusalemme, da Mosca a Istanbul, da New York a Shanghai e a San Francisco. Nel 1991 ha partecipato alla mission su Beirut, città devastata dalla guerra civile durata quindici anni. Gabriele Basilico ha prodotto e ha partecipato a numerosissimi progetti di documentazione in Italia e all’estero, che hanno generato mostre e libri. La sua ricerca, che spazia ben al di là dei confini della mera fotografia documentaria, è infatti un punto di riferimento obbligato per quanti oggi si occupano di fotografia e di urbanistica.
Alberto Garutti (Galbiate, Lecco, 1948) vive e lavora a Milano.
Fra gli artisti italiani più rilevanti della scena contemporanea, Garutti ha iniziato la sua attività espositiva nel 1974 e dalla seconda metà degli anni settanta in poi ha esplorato la dimensione narrativa e immateriale dell’opera d’arte. Il suo lavoro testimonia un’attenzione crescente per la produzione di oggetti e il loro relazionarsi nello spazio sociale. Autore di alcuni tra i più efficaci progetti di arte pubblica in Italia e in Europa, Garutti è interprete di un momento ancora poco noto della ricerca artistica italiana, che a partire dalla fine degli anni settanta rielabora in forma autonoma e laterale la matrice concettuale e figurativa della generazione precedente. Sotto questo profilo Garutti ha saputo mettere in relazione tali istanze con le atmosfere dei decenni successivi, segnate dall’impatto delle forme di lavoro relazionale, multiautoriale e autogenerativo. Garutti ha esposto in molte gallerie italiane e internazionali; numerose anche le collettive in spazi pubblici, dove ha esplorato la relazione tra arte, città e paesaggio: significativi in questo senso i casi di Arte all’Arte edizioni 2000 e 2005 e Luna Park a Villa Manin di Codroipo (2005) a cura di Francesco Bonami. Nel 2012 viene inaugurata una nuova opera pubblica per la città di Milano in Piazza Gae Aulenti, nel quartiere di Porta Nuova, commissionata da Hines Italia; nello stesso anno al PAC - Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano gli è dedicata una prima antologica, curata da Paola Nicolin e Hans Ulrich Obrist.
Ugo La Pietra (Bussi sul Tirino, Pescara, 1938), vive e lavora a Milano.
Artista, architetto, designer, musicista, dal 1962 ha sviluppato un’attività tendente alla chiarificazione e definizione del rapporto “individuo-ambiente”. All’inizio di questo processo di lavoro ha realizzato strumenti di conoscenza (modelli di comprensione) tendenti a trasformare il tradizionale rapporto “opera-spettatore”. Ha operato dentro e fuori le discipline dichiarandosi sempre “ricercatore nelle arti visive”. Artista anomalo e scomodo, e quindi difficilmente classificabile, con le sue ricerche dal 1960 ha attraversato diverse correnti: arte segnica, arte concettuale, arte ambientale, arte nel sociale, narrative art, cinema d’artista, nuova scrittura, extra media, neoeclettismo, architettura e design radicale. Ha comunicato e divulgato il suo pensiero e le sue esperienze attraverso un’intensa attività didattica e editoriale. Si è fatto promotore di gruppi di ricerca (Gruppo del Cenobio, Gruppo La Lepre Lunare, Global Tools, Cooperativa Maroncelli, Fabbrica di Comunicazione, Libero Laboratorio) e di attività espositive coinvolgendo un grandissimo numero di operatori (artisti, architetti, designer). Ugo La Pietra ha realizzato più di 900 mostre personali e collettive, partecipando alla Biennale di Venezia nel 1970, 1978, 1980, alla Triennale di Milano nel 1968, 1972, 1979-80-81, 1993, 1996, 2007; ha esposto inoltre al Museum of Modern Art di New York, al Centre Pompidou di Parigi, al Museum of Contemporary Craft di New York, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara ecc.
Corrado Levi, nato a Torino, vive e lavora a Milano.
Artista, architetto, scrittore, poeta e critico, Corrado Levi è considerato da sempre una figura poliedrica e multidisciplinare dell’arte e della cultura italiana, che ha coperto moltissimi ruoli con grande maestria. Dagli anni ottanta è stato un vero e proprio animatore culturale, curando varie esposizioni ospitate nel Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano. Le sue mostre, sia personali in veste di artista, sia collettive in veste di curatore, sono eventi che ogni volta creano curiosità e interesse non solo nell’ambito dell’arte, ma anche in quello della moda, del design, della comunicazione, poiché sono testimonianza di una realtà artistica e culturale in costante rinnovamento. Instancabile sperimentatore, da molti anni conduce un laboratorio di progettazione per la Facoltà di Architettura di Milano ed è produttore di arte e di architettura. È ricorrente, nella multiforme opera di Corrado Levi, l’evocazione e il rinvio a immagini o parole di altri artisti: omaggi, dediche, citazioni e rivisitazioni dettate dalla passione e dalla volontà di decostruire, con leggerezza e ironia, regole e segni. Nella sua più recente ricerca artistica la poetica libera di Corrado Levi si delinea sia nel gesto essenziale delle figure immerse nel bianco della tela, sia nell’installazione site-specific dove l’oggetto perde la sua funzione aprendosi a nuove possibilità di lettura.
Alessandro Mendini (Milano 1931), vive e lavora a Milano.
Sviluppando un personale e distintivo percorso che abbraccia design, architettura e arte da oltre quarant’anni, Alessandro Mendini si annovera tra i principali progettisti, designer e critici del panorama internazionale. La sua attività spazia dalla realizzazione di oggetti, mobili, ambienti, pitture, installazioni, architetture, e comprende anche un notevole lavoro teorico, sia con il celebre Studio Alchimia, sia con il fratello Francesco. La definizione di alcuni concetti teorici su fenomeni e movimenti storici del design, tra cui il “design postmoderno” e il “re-design”, sono legati al nome di Mendini, il cui contributo fin dagli anni settanta è stato determinante per la loro espressione e analisi critica. È stato direttore di “Casabella” (1970-1976) e “Domus (1980-1985 e 2010-2011) e fondatore delle riviste “Modo” (1977) e “Ollo” (1988). Oltre agli aspetti legati all’architettura, ha al suo attivo anche collezioni di mobili e oggetti, tra cui spicca la celebre Poltrona di Proust (1978), e ancora allestimenti e re-design, a dimostrazione di un’attività poliedrica, di un pensiero progettuale libero e trasversale rispetto alle singole discipline. Nel 1989 ha aperto assieme al fratello Francesco l’Atelier Mendini a Milano, progettando le fabbriche Alessi a Omegna, la nuova piscina olimpionica a Trieste, alcune stazioni della metropolitana e il restauro della Villa Comunale a Napoli. Insieme al fratello Francesco ha partecipato a diverse edizioni della Biennale di Venezia.
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