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Pino Pascali-Toti Scialoja. Confluenze. Foto di Barbara Rigon Toti Scialoja e Pino Pascali, Confluenze; la mostra a Bari
Al Kursaal Santalucia va in mostra una conversazione a due voci tra le vicende artistiche di due uomini, in viaggio verso destinazioni a volte simili e spesso lontane. Tra il mito dell'America e illusioni teatrali

Dialogo artistico tra maestro e discepolo: Toti Scialoja e Pino Pascali si incontrano a Bari


Il Kursaal Santalucia ospita un percorso espositivo che intreccia i percorsi creativi di due protagonisti dell'arte, le cui strade si sono incrociate tra suggestioni americane e sperimentazioni sceniche.
Nel cuore del rione Madonnella, a breve distanza da quel mare che ha sempre rappresentato l'orizzonte della sua ricerca artistica, il 19 ottobre 1935 venne alla luce Pino Pascali. I genitori Francesco e Lucia, originari di Polignano a Mare - località che lasciò un'impronta indelebile nella sua visione creativa - abitavano in via Dalmazia 58.
Proprio in questa zona, fino al 4 maggio 2025, il magnifico Kursaal Santalucia accoglie la rassegna "Pino Pascali Toti Scialoja. Confluenze", orchestrata dai curatori Federica Boragina ed Eloisa Morra con Antonio Frugis.

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Pino Pascali-Toti Scialoja. Confluenze. Foto di Barbara Rigon

All'Accademia di Belle Arti di Roma, Scialoja fu mentore di Pascali, distinguendosi per il suo rifiuto categorico del realismo e delle reminiscenze ottocentesche, promuovendo invece l'apertura alle correnti artistiche internazionali. La sua prospettiva innovativa era frutto dell'esposizione diretta alla vivace scena americana, dove la Pop Art stava sbocciando, mentre faticava ancora ad attecchire nel panorama italiano. La sua didattica rivoluzionaria privilegiava l'astrazione e incoraggiava l'uso di materiali non convenzionali - bitume, vernici industriali, polvere di marmo e sabbia - al posto delle tradizionali tempere. In questo spirito, propose ai suoi allievi di visitare l'esibizione di Rauschenberg presso la galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis.

Il giovane Pascali recepì con entusiasmo questa visione innovativa dell'arte, traducendola in continue ricerche sulla manipolazione della materia e nel recupero creativo di materiali di scarto.

Come ricorderà Scialoja in un'intervista a Francesca Alfano Miglietti: "Gli contestavo di aver trasformato in obiettivo finale ciò che io insegnavo come strumento - l'osservazione della materia". L'essenza dell'arte di Pascali risiedeva infatti nella sua capacità quasi demiurgica di metamorfosi, nel trasformare elementi ordinari in opere d'arte sublimi.

La rassegna si configura come un dialogo tra i percorsi artistici di due personalità che hanno seguito traiettorie ora convergenti, ora divergenti. Gli Stati Uniti rappresentarono un punto d'incontro: territorio familiare per Scialoja, che espose le sue celebri impronte alla Galleria Viviano di Manhattan, mentre per Pascali rimasero un luogo immaginario, popolato da grattacieli futuristici e strade caotiche, scenario delle avventure grottesche di improbabili mafiosi - Al Cafone, Jonny Scicchettoso, Joe Malamente - in guerra per il controllo del gelato Algida.

L'esposizione esplora anche l'influenza delle esperienze teatrali sulla creatività di Pascali, particolarmente attraverso la sua connessione con Scialoja. Quest'ultimo, forte di un'attività teatrale iniziata negli anni '40, introdusse Pascali al teatro sperimentale, dove lo spazio scenico diventa una "dimensione parallela": artificiale e anti-realistica - caratteristiche che permeeranno poi tutta la produzione artistica di Pascali.
Un capitolo particolare riguarda il tema degli animali, passione condivisa dai due artisti. Scialoja impiegò il suo talento grafico, caratterizzato da uno stile essenziale e simbolico, per accompagnare le sue composizioni poetiche: attraverso raffigurazioni elementari e iterate (come quelle del mondo animale), elaborò un linguaggio indiretto, volto a stimolare riflessioni più profonde. Le sue creature - ragni, balene, giraffe e ghepardi - oscillano tra dimensione onirica e fascinazione. Analogamente, nelle opere di Pascali non troviamo un'aderenza mimetica alla realtà, ma piuttosto la volontà di evocarne l'essenza attraverso una sintesi formale. Del resto, come sosteneva lo stesso Pascali, le sue erano "sculture fittizie", realizzate non in pietra o marmo ma con tele candide: opere che riuscivano a coniugare due qualità apparentemente antitetiche come la leggerezza e la monumentalità. Entrambi gli artisti si accostarono al regno animale con un approccio ludico e metafisico, utilizzando queste rappresentazioni per indagare tematiche esistenziali e concettuali, sempre attraverso il filtro di una marcata ironia.

Pino Pascali-Toti Scialoja. Confluenze. Foto di Barbara Rigon
Pino Pascali-Toti Scialoja. Confluenze. Foto di Barbara Rigon

La rassegna rappresenta un momento significativo per la riscoperta della figura di Pino Pascali, contestualizzata nel dialogo con le personalità che ne hanno influenzato il percorso o che hanno collaborato con lui. Celebrato oltre i confini pugliesi (basti pensare all'imponente retrospettiva allestita presso la Fondazione Prada di Milano, con la curatela di Mark Godfrey), Pino Pascali fa ritorno alle sue radici. Negli spazi espositivi non è raro raccogliere le memorie di visitatori che furono compagni di classe o vicini di casa di questo creativo poliedrico, impossibile da racchiudere in categorie prestabilite che ne limiterebbero l'essenza: per Pascali, infatti, ogni limite esisteva solo come soglia da varcare. Solo in questa prospettiva si può intuire la sua complessità, osservando come la sua creatività pervada lo spazio circostante. Una parabola esistenziale di appena 33 anni, condensata in circa 32 metri quadrati del mare pugliese che portava dentro di sé.

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Pascali Scialoja - Sala Cielo di Alfredo Pirri - Foto di Barbara Rigon  (96-683x1024)

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