Alessandria ebbe un ruolo di primo piano nei moti rivoluzionari del 1821. Proprio da questa città prese avvio l'insurrezione piemontese capeggiata dal conte Santorre di Santarosa: giovane aristocratico di idee liberali, pur conservandosi fedele alla monarchia dei Savoia, mirava alla trasformazione in senso costituzionale dello stato sabaudo.
Il 10 marzo 1821 gli insorti alessandrini guidati da Giacomo Garelli e ben presto raggiunti da truppe armate capeggiate da Santorre di Santarosa, asserragliatisi nella cittadella, innalzarono il tricolore, proclamarono Vittorio Emanuele I re d'Italia e chiesero la concessione della Costituzione. I rivoluzionari resistettero fino al 10 aprile, quando le truppe austriache, inviate dal congresso di Lubiana in soccorso del re Carlo Felice, espugnarono la cittadella e li costrinsero alla resa. Santorre di Santarosa riuscì a fuggire e trascorse gli ultimi anni della sua vita in esilio.
Il re Carlo Felice, con l'appoggio degli austriaci, riusci a restaurare il regime assolutista e diede avvio ad una lunga serie di processi per punire gli insorti, tutti conclusisi con la condanna capitale.
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