E' tradizione in Messina che Ruggero il normanno, un giorno dell'anno 1060, passeggiasse solitario su una spiaggia della Calabria e guardando la costa peloritana meditasse sul modo migliore per poter conquistare la Sicilia, allora occupata dagli Arabi che ne avevano fatto una terra musulmana ricca e prosperosa.
Era successo che qualche tempo prima, alcuni coraggiosi cavalieri messinesi, sfidando la reazione degli Arabi, erano riusciti a raggiungerlo a Mileto di Calabria e gli avevano esposto il desiderio della gente siciliana di averlo come liberatore e signore.
Ciò non tanto perché gli Arabi si comportavano come usurpatori o tiranni della povera gente ché, anzi, molto avevano fatto per ammodernare la Sicilia e per renderla prospera e indipendente, ma piuttosto perché ultimamente i loro caid erano entrati in così grave conflitto tra di loro da coinvolgere in stragi, razzie e dissensi anche larghi strati della popolazione locale.
E, come sempre, a farne le spese erano un po' tutti i Siciliani, ricchi e poveri che fossero.
Ruggero, in Sicilia, vi era stato un altra volta, dal 1038 al 1040, con Giorgio Maniace, un valoroso generale bizantino che Michele IV il Plafagone, imperatore di Costantinopoli, aveva mandato nell'isola con il compito di cacciare gli Arabi e di riportarla sotto la sua sovranità. Allora quel tentativo, pur se inframezzato da piccoli successi, non era riuscito anche perché il gruppo dei Normanni, insoddisfatto di come procedeva la spartizione delle prede di guerra, si era dissociato dall'impresa e se n'era tornato nell'Italia meridionale e in Calabria, a scorrazzare ed a conquistare buone terre.
Ora Ruggero, pregato dai messinesi e spalleggiato dallo stesso caid di Catania (che era venuto in contrasto con altri caid arabi della Sicilia) pensava seriamente di ritentare la conquista dell'isola, cacciando i musulmani che la detenevano da quasi duecento anni e di ricristianizzarla in senso latino.
Ma gli arabi erano scaltri e bene agguerriti e, quindi, l'impresa che Ruggero meditava si presentava difficile e rischiosa anche perché, nonostante l'aiuto promessogli da suo fratello Roberto, duca di Calabria e di Puglia, egli poteva contare solo su uno sparuto nucleo di cavalieri e di pochi fanti.
Era così intento a meditare su queste cose e a respirare l'intenso odore di zagara che proveniva dagli aranceti in fiore, quando dalla costa siciliana gli parve udire una marziale musica di guerra, intramezzata da lamenti e sospiri di schiavi, e da imprecazioni pagane. Ruggero si fermò incuriosito.
Abitava nei pressi un vecchio eremita, che godeva fama di saggezza. Ruggero vi si diresse e, dopo averlo cortesemente salutato, gli domandò notizie su quel fatto così misterioso ed insolito.
L'eremita allungò il braccio e con un dito gli indicò la costa siciliana.
- Lì gli aranci sono in fiore... - gli disse - Lì c'è musica ma anche pianti... Lì ballano i saraceni e piangono i cristiani in schiavitù! Dicono che sei potente e cristiano... Perché non combatti e muori per la tua fede?
Ruggero rimase in silenzio. Continuando i suoi passi si venne a fermare poco lontano, sempre pensando alla Sicilia e al suo modesto e povero armamento di guerra.
D'un tratto, davanti a lui, il mare prese a ribollire.
Un cerchio di spuma apparve alla superficie e da essa sporse la testa una bellissima fata, la fata Morgana che è ritenuta sorella carnale del re Artù d'Inghilterra.
Essa ha nel mondo varie regge ma qui, proprio in mezzo allo Stretto, ha il suo più bello e antico palazzo, meta di tutte le fate e delle buone maghe del Mediterraneo.
Essa, a poco a poco, emerse anche con il corpo e allora Ruggero la vide salire su un cocchio bianco-azzurro appena comparso e, al tiro, vi si misero sette cavalli bianchi e azzurro-criniti, pronti e impazienti di lanciarsi in una folle corsa sopra le acque.
Stava la fata per muoversi verso sud, quando sulla costa vicina vide il pensoso Ruggero passeggiare a passi lenti.
- Che pensi, o Ruggero? -gli gridò Morgana dirigendosi alla sua volta - Se è come immagino, salta sul mio cocchio e subito ti porterò in Sicilia, assieme ad un possente esercito...
Ruggero sorrise e salutò Morgana con deferenza e rispetto.
Poi, gentile ma con fermezza, rispose: - Io ti ringrazio, o Morgana, ma non posso accettare il tuo aiuto. Ma se la Madonna che amo e i santi che mi proteggono mi daranno la loro benedizione, io andrò alla guerra sul mio cavallo e trasporterò l'esercito con le mie navi e vincerò per valore e non per gli incantesimi di una fata.
Allora Morgana agitò tre volte in aria la sua verga magica e in acqua lanciò tre sassi bianchi. - Guarda, o Ruggero, la mia potenza!... -
E in quel punto apparvero sull'acqua case e palazzi, strade e ville, e meravigliosamente tutta la costa siciliana apparve così vicina da poter essere raggiunta solo con un piccolo salto.
- Eccoti la Sicilia! Salta su di essa, raggiungi Messina ed io farò in modo che in essa troverai il più forte e il più numeroso esercito che tu abbia mai avuto in battaglia...
Ruggero, pur meravigliato da tanto incantesimo, sorridendo, rifiutò ancora l'offerta.
- O Morgana! Tu sei una grande fata, degna della stirpe da cui discendi. Ma non sarà con l'incantesimo che io libererò la Sicilia dal paganesimo.
Essa mi sarà data da Cristo Nostro Signore e da sua madre, la Vergine Maria che io ho già scelto e adottato come madre mia divina. Ma grazie, per il pensiero...
Morgana non attese di più. Era una buona fata e perciò rispèttava tutte le convinzioni, anche quelle religiose, pur se lei, ovviamente non credeva né alla Madonna né ai Santi.
Agitò nuovamente in aria la sua bacchetta magica e i castelli, le strade e le ville sparirono di colpo.
- Via, cavalli! - gridò ridendo di gioia nel sole che inondava di luce e di calore le due sponde dello Stretto.
E il suo cocchio si mosse veloce trainato dai bellissimi suoi cavalli perdendosi in breve verso il sud dell'isola, verso le spiagge dell'Etna.
Ruggero, come sappiamo, sbarcò poi in Messina nella primavera del 1061 e in poco più di dieci anni di guerra spesso condotta con accanimento e ferocia, senza esclusioni di colpi, riuscì a liberare la Sicilia dalla dominazione musulmana.
I suoi discendenti la costituirono in regno e ne fecero una delle terre più ricche e più progredite di quel tempo.
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