L'interno della cattedrale di Cremona
La navata centrale
Per entrare nel Duomo è possibile utilizzare di norma solo le due porte laterali, realizzate nel 1569, che danno accesso alle navate minori, mentre la porta centrale più antica si apre solo per particolari occasioni come processioni o cerimonie solenni. Appena entrati si possono ammirare a colpo d'occhio le belle dimensioni dell'interno visto che la navata maggiore misura 28 metri in altezza, 68,5 metri in lunghezza e, comprese le navate minori raggiunge i 31,30 metri in larghezza; la prima impressione che colpisce il visitatore è, quindi, quella di uno spazio più dilatato in larghezza che in altezza, quasi un'affermazione di caratteri più propriamente romanici e che gotici.
Recenti analisi effettuate nel 2004 sulle fondazioni con il georadar hanno non solo rassicurato sulla stabilità della basi dell'intero edificio, ma hanno anche documentato la diversa profondità delle fondamenta della navata centrale, poste a sei metri rispetto a quelle dei transetti collocate a 4 metri e diverse cono anche le fondazioni della massicce colonne, più profonde quelle a sezione circolare, meno quelle a sezione quadrata. Visibile a tutti è, invece, la differente altimetria esistente tra la navata maggiore e la zona presbiteriale e fu Proprio Carlo Borromeo, durante la sua visita pastorale del 1575 a suggerire la creazione davanti all'altare maggiore della cosiddetta "piazzetta senatoria", luogo deputato ad accogliere la nobiltà, i magistrati ed i fabbriceri sottolineandone, nel contempo, il loro eminente ruolo sociale.
Tutto il pavimento, dal bel disegno geometrico ben sottolineato dalla vivace tricromia dei marmi impiegati, fu realizzato invece su progetto dell'architetto Luigi Voghera nel 1827 ed andò a sostituire, secondo le vecchie guide, il pavimento antico ricco di pietre tombali scolpite con ritratti di molti di quegli ecclesiastici o laici che erano stati nei secoli benefattori della Cattedrale.
Passando ad esaminare l'alzato della navata maggiore è indubbio che l'elemento di maggior spicco di questa parte segnata alla sommità di ogni campata dalle aperture dei matronei e del cleristorio, è certamente costituita dalla complessa decorazione ad affresco che si dispiega al di sopra degli archi, dalla controfacciata sino alla zona presbiteriale ed absidale, un ciclo che è in realtà stato realizzato in due tappe successive anche se cronologicamente molto vicine e che illustra magistralmente alcune delle principali linee evolutive del momento di passaggio tra primo e secondo rinascimento proprie della pittura cremonese e di quella padana in generale.
Cronologicamente esse venne realizzato fra il 1506, data di realizzazione da parte del Boccaccino del Redentore e Santi del catino absidale e la grandiosa Crocifissione della controfacciata di Pordenone del 1521 (nella foto) e, se si esclude il successivo incarico affidato nel 1529 al Soiaro per la scena della Resurrezione, sono questi i due momenti culminanti, ma stilisticamente molto diversi dell'intera decorazione; tra questi due estremi cronologici è del resto compreso un periodo molto difficile della storia cittadina dato che Cremona vide allora susseguirsi i domini veneziano, francese e sforzesco-imperiale, mentre in campo religioso è in atto la Riforma Luterana che ebbe in città una certa diffusione, seppure clandestina. Per la sua complessità l'intero ciclo richiese inoltre un notevole impegno finanziario, sostenuto in gran parte dalla Fabbriceria, l'organo di governo laico del Duomo ed emanazione diretta del Consiglio cittadino, ma i fabbriceri dimostrarono certamente nella scelta dei pittori chiamati a lavorare un notevole aggiornamento culturale ed un sicuro gusto collegato alle istanze più innovatrici dell'arte dell'epoca; così scelsero per la decorazione absidale il già abbastanza maturo Boccaccio Boccaccino, pittore discendente da famiglia ferrarese, che, dopo un fondamentale soggiorno veneziano a contatto con le opere di Carpaccio e Giovanni Bellini, porta a Cremona alcuni aspetti di quel mondo coniugandoli con gli influssi propri di Alessandro Pampurino e Marco Marziale già attivi in città.
Nel 1507 è ancora il Boccaccino a realizzare, nel triangolo sopra l’arcone del presbiterio, la bella scena dell'Annunciazione che testimonia, fra l'altro, come all'epoca non fosse ancora stato posto in cantiere la realizzazione del ciclo con le Storie della Vergine e di Gesù nel quale questa scena verrà, poi, replicata. Su per giù in questa epoca viene anche pesantemente ripassato un interessante affresco votivo del 1370 posto a sinistra della calotta absidale, appena sopra l'imposta della volta a botte, e raffigurante una Madonna con devoto (il canonico Benedetto Fodri), lo stesso affresco che i restauri compiuti nel 1997 hanno recuperato evidenziando nella duplice figura del devoto queste due diverse fasi. Dopo il viaggio a Roma, è ancora Boccaccino ad essere incaricato nel 1514 della nuova, importante impresa che si snoda a nastro sopra le imposte degli archi della navata centrale ad iniziare dalla prima campata a sinistra entrando e che vide un totale di 25 episodi così suddivisi : 6 dedicati alla vita di Maria (l'Angelo annuncia a Gioacchino la maternità di Anna, Incontro di Gioacchino con Anna alla Porta Aurea, Nascita della Vergine, Sposalizio di Maria e Giuseppe, Annunciazione, Visitazione) 7 dedicati alla vita di Gesù Bambino (Nascita di Gesù, Circoncisione, Adorazione dei Magi, Presentazione al Tempio, Fuga in Egitto, Strage degli innocenti, Gesù con i dottori del Tempio) e 12 dedicati alla Passione di Gesù fino a concludersi in controfacciata con la grande scena della Crocifissione simmetricamente inquadrata a destra dal Compianto, sempre del Pordenone, ed a sinistra dalla Risurrezione di Bernardino Gatti.
Nelle varie scene si susseguirono dopo il Boccaccino, autore dal 1514 al 1515 delle prime otto scene e nel 1518 della tredicesima, altri quattro artisti quali Gianfrancesco Bembo (per la scena nona e decima) e Altobello Melone (per la scena undicesima e dodicesima e per quelle dalla quattordicesima alla diciottesima), due esponenti di rilievo del filone cosiddetto eccentrico o sperimentale della pittura lombarda dell'epoca, per passare nel 1519 al bresciano Girolamo Romanino (scene dalla diciannove alla ventidue) che avrebbe dovuto terminare tutto il lato destro, ma che fu abbastanza clamorosamente sostituito nel 1520 dal più "moderno" Giovanni Antonio De Sacchis detto il Pordenone. A lui si devono le ultime tre scene laterali che presentano, oltre al loro più ampio respiro (ogni scena occupa ora l’intera campata), un completo cambio di registro rispetto alle raffinate ed eleganti composizioni del Boccaccino, visto che l'artista, assommando ai potenti volumi michelangioleschi un forte senso del colore ed un caricato espressionismo, scardina il piano compositivo caricando le scene di una forte drammaticità, la stessa che chiaramente emerge nella conclusiva Crocifissione della controfacciata. L'intero ciclo è stato sottoposto ad un complesso intervento di restauro che ha interessato dapprima la zona absidale e, poi, l'intero ciclo della navata e che si è concluso nel 1999.
Tornando verso il presbiterio si possono osservare i due pulpiti realizzati fra il 1814 e il 1817 da Luigi Voghera che vi reimpiegò quattro preziosi pannelli a rilievo, opera di GiovanAntonio Amadeo del 1483 ed appartenenti alla Arca Meli dell'omonima cappella della chiesa di San Lorenzo, prezioso acquisto della Fabbriceria nell'Ottocento. |